Capitolo 6: L'Infiltrazione a Roma
Capitolo 6: L'Infiltrazione a Roma
Il cuore dell'Impero, Roma. La città era imponente, le sue grandi colonne di marmo si stagliavano contro il cielo notturno, quasi a toccarlo. Ci muovemmo come fantasmi nell'ombra, la nostra missione chiara.
"Questa è la tana della bestia," sussurrai a Tebris, il sapore della vendetta già sulla lingua. "E noi siamo i cacciatori," rispose lui, la sua mano sul pugnale. Il suo respiro era calmo, la sua mente focalizzata.
Dovevamo entrare nel palazzo, il covo di Nerone. L'aria era pesante di lusso e corruzione, un odore nauseabondo che stonava con la bellezza delle architetture. Le guardie erano ovunque, figure silenziose che si muovevano con movimenti studiati e prevedibili. Ma noi eravamo più veloci, più determinati.
I nostri pugnali brillarono per un istante, un lampo d'argento nel buio, poi affondarono con precisione mortale. Le guardie caddero senza un suono, figure inerti che si dissolvevano nell'ombra. Non potevamo attirare troppa attenzione. Eravamo qui per un solo scopo. Ci muovemmo attraverso corridoi sontuosi, tra statue e affreschi che raccontavano la grandezza di un impero che noi volevamo veder crollare.
"Siamo vicini," mormorò Tebris, i suoi occhi attenti a ogni ombra. "Sento il suo fetore." "Non fermarti," gli dissi, spingendolo avanti. La paura era un lusso che non potevamo permetterci.
Poi fuggimmo, scomparendo nella notte. Ma sapevamo che non era finita. La notte stessa, tornammo, un'ombra persistente. L'avevamo rifatto. Ancora sangue, ancora silenzio. Ogni passo ci avvicinava al nostro obiettivo finale. Roma non avrebbe dormito in pace finché Nerone non fosse caduto.